Tecnologie e didattica

Alcuni luoghi comuni accompagnano spesso l’uso delle tecnologie nella didattica.

Probabilmente è possibile e necessaria una diversa modalità di introduzione delle tecnologie nella scuola, attraverso un recupero della loro autonomia. Si potrebbe parlare di didattica delle tecnologie, piuttosto che di didattica con le tecnologie.

A proposito di tecnologi ed esperti di didattica

Esiste una “dannosa analisi che ha permeato a lungo l’approccio dei docenti all’uso delle tecnologie e che è legata alla divisione fra tecnologi1 ed esperti di didattica. In base a tale dicotomia, il docente si sente convinto che il suo ruolo sia esclusivamente quello di impostare un buon metodo che sappia dosare sinergicamente interventi e strumenti, delegando la gestione delle tecnologie al tecnologo. In tal modo, tuttavia, egli si allontana progressivamente dalle tecnologie, fino ad evitare un contatto vero, laddove invece nel profilo del docente professionista e ricercatore dovrebbe entrare a pieno titolo una vera competenza digitale che si può esplicitare attraverso un agire continuo e proficuo, raggiunto attraverso realizzazioni di applicazioni.”

A proposito di tecnologie trasparenti

La tecnologia aiuta nella creazione dei vari interventi (anche multimediali), ne mantiene traccia permettendone opportuni scorrimenti, dà la possibilità di percorrere nuovi itinerari consegnando diverse prospettive; inoltre consente di dialogare in modo sincrono e creare propri spazi da aprire e collegare ad altri. In definitiva la tecnologia soddisfa l’esigenza di comunicare, realizzare, riflettere in modo completamente trasparente, o per lo meno significativamente trasparente, delegando completamente allo studente la gestione dell’interazione. Si delinea quello che Donald Norman ha a lungo predicato, in particolare nel testo Il computer invisibile. La tecnologia migliore è quella che non si vede: l’autore sostiene che il computer è ancora un oggetto troppo intrusivo nelle attività che ne richiedono l’uso, quando invece dovrebbe essere trasparente e non appesantire con un impatto informatico. È condivisibile il significato di computer come tecnologia trasparente in situazioni che lo richiedano ma, nella scuola, tale significato non può e non deve esaurirsi esclusivamente con una funzione d’uso, ignorando la valenza formativa legata a realizzazioni informatiche.”

A proposito di nuove tecnologie

Il titolo vuole evocare l’abitudine di chiamare le tecnologie attualmente disponibili sempre come nuove. Ma quando non sono più nuove? Forse quando sono passati degli anni, ma quanti? E se nascono delle ulteriori tecnologie, quelle precedenti, che vengono ancora utilizzate, sono forse da chiamare seminuove? E ancora, se in un certo campo ci sono tecnologie appena rivelatesi e in altri settori ce ne sono altre un po’ più stagionate, cosa diremo: le nuove tecnologie di questo settore e le seminuove tecnologie di quest’altro settore o forse le vecchie tecnologie di quell’altro settore, perché in questo sono anni che non ne emergono di nuove, anche se quelle esistenti sono ancora valide?

E ancora: le nuove tecnologie nascono così per caso, oppure da una tecnologia può nascerne un’altra sia con essa coerente?”

A proposito di sinergie disciplinari

Si tratta di saper coniugare gli aspetti pedagogico-didattici con quelli relativi a paradigmi sul versante tecnologico-informatico.

Tuttavia, l’incrocio restituisce sistemi ora maggiormente sbilanciati verso l’aspetto informatico, ora maggiormente verso quello pedagogico-didattico, a causa della biografia professionale di coloro che li progettano e li realizzano. Un effettivo equilibrio passa necessariamente attraverso la profilatura di esperti al confine fra diversi domini, che siano dei boundery subject che sappiano gestire tanto l’aspetto tecnologico-informatico quanto quello pedagogico-didattico. Occorre puntare sulla sinergia fra gli aspetti teorici e pratici della Pedagogia e della Didattica e dell’Informatica per giungere ad un profilo pedagogico-didattico-informatico che è sempre più una esigenza sentita nel settore delle tecnologie nella didattica.

In questo ambito, occorre che gli esperti di Informatica e di Pedagogia e Didattica conoscano, l’un l’altro, i rispettivi domini e linguaggi.

Basarsi sull’arricchimento reciproco, fra esperti di domini diversi che debbono collaborare, non costituisce una garanzia di successo perché non sempre si riesce, da un settore, a percepire la profondità dell’altro. A una interdisciplinarietà fra contenuti appartenenti ad ambiti diversi non corrisponde una interscambiabilità fra gli esperti dei contenuti: ciascun professionista conosce il proprio settore e lo analizza con un linguaggio e un metodo di ricerca propri di quel settore; un nodo comune può essere analizzato e capito indifferentemente con l’uno o l’altro approccio solo se gli esperti li padroneggiano entrambi. Ciò significa che occorre studiare lo spaccato della disciplina per capire il significato di un suo fenomeno. Altrimenti si rischia di ottenere una rielaborazione personale di concetti estranei al proprio dominio, realizzata su un tessuto mutuato dalla mediazione di altri. In definitiva: esiste il dominio di conoscenza, esiste la visione di un esperto del dominio, esiste l’operazione di filtro e mediazione di questo verso gli esterni al dominio, esiste, infine, la rielaborazione ultima di questi. Risulta evidente che l’oggetto di conoscenza subisce delle trasformazioni nel suo percorso verso chi non è esperto in tale ambito.

In definitiva non basta avvicinarsi ad un nuovo dominio del sapere per divenirne un esperto, ma occorre approfondire e ancora approfondire, per riuscire a capirne il senso complessivo e quindi a produrre significative esperienze con i veri esperti di quel settore.”

A proposito della realizzazione di artefatti informatici

L’orientamento verso una comprensione degli aspetti formativi legati alle realizzazioni di applicazioni informatiche non ha sempre incontrato dei sostenitori.

Ad esempio, Jonassen (Jonassen D., 2000, pag. 8) si chiede retoricamente: “Was it necessary to complete a course on ‘washing machine literacy’ in order to use the last new washing machine that you encountered?”; probabilmente non serve all’addetto all’uso della lavatrice seguire un corso di alfabetizzazione sulla struttura e sul funzionamento di una lavatrice, però se riformuliamo la domanda nel seguente modo “Was it necessary to complete a course on ‘computer literacy’ in order to use the last new computer that you encountered?”, la domanda perde il suo valore retorico e potrebbe valere la pena di articolare una risposta. ‘Una alfabetizzazione sulla struttura di un computer può essere veramente utile se con essa è possibile sviluppare delle attività che si ritengono utili ai fini del raggiungimento di obiettivi di apprendimento e che gli studenti possano percepire come rilevanti. […] È bene conoscere il funzionamento della tecnologia per un suo migliore utilizzo, ma anche per permettere acquisizioni di competenze significative nella formazione. Conoscere il funzionamento di un elaboratore permette, ad esempio, di apprendere il significato dei linguaggi e in particolare di quelli artificiali, di acquisire basi per una corretta progettazione di artefatti informatici, di capire cosa è e come nasce l’intelligenza artificiale classica, di cogliere il senso dei sistemi esperti, di comprendere come si sviluppa la nuova intelligenza artificiale’.

1 È insita in questo termine un’accezione dispregiativa nel definire chi si interessa di tecnologie; tuttavia sembra si voglia nascondere la propria incapacità nel confrontarsi con esse, unita ad una superficialità nel ritenere che la loro gestione comporti solo un’abile manualità.

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